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La Nave dei Folli

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Episodio 6.27

Se Gregory Bateson e Margaret Mead hanno fatto avvicinare le scienze sociali al gruppo Macy, e probabilmente Kurt Lewin è stato il primo ad aver provato a integrarle nel proprio percorso di ricerca, un’altra figura fondamentale è senza dubbio Lawrence Frank. Oltre a fungere da tramite tra il mondo delle fondazioni e i nuovi “cavalieri del feedback”, a lui si deve il primo incontro tra le idee della proto-cibernetica e il resto degli scienziati; infatti, al termine della seconda conferenza, annuncia ai partecipanti di aver organizzato pochi giorni dopo una sessione straordinaria all’Accademia delle scienze di New York, il 21 e 22 ottobre 1946, con il titolo di “Meccanismi Teleologici” e con l’obiettivo di far debuttare in società i concetti innovatori del “circolo Macy”, fino ad allora condivisi solamente all’interno di un ambito assai ristretto. All’epoca delle conference Macy vive con la moglie al Greenwich Village al piano di sopra di Bateson e Mead, che spesso lasciano ai Frank la loro figlia in occasione dei loro frequenti viaggi, ed è responsabile di un centro, fondato dalla psicologa Carolyn Zachry, dove si tengono corsi serali di psicologia dell’età evolutiva per insegnanti.

Nato nel 1890 a Cincinnati da una famiglia agiata, all’età di sei anni i genitori si separano e rimane con la madre e la nonna materna in ristrettezze economiche, finché la famiglia si trasferisce al Greenwich Village dove la madre apre una pensione. Studente alla Columbia University, soprattutto in economia, lavora al Bureau of Social Research della città dove rimane colpito dall’alta percentuale di mortalità infantile e materna nelle classi povere, oltre che dallo sfruttamento minorile nell’industria delle conserve. Questi eventi segnano profondamente il giovane Frank che di lì a poco aiuta l’amica Lucy Sprague Mitchell alla creazione della prima “scuola laboratorio” dedicata ai bambini e in seguito Frank lavora come consulente di tre fondazioni – Laura Spelman Rockfeller Memorial (1923-30), Spelman Fund (1930-31) e Rockfeller General Education Board (1932-36) – dove unisce le sue preoccupazioni umanitarie a una crescente conoscenza del mondo economico, a partire da quando il capo della prima fondazione chiede a Frank di suggerire il modo in cui poter spendere circa un milione di dollari l’anno in favore dell’infanzia. Frank allora propone «quello che sarebbe diventato il movimento per la formazione dei genitori: un programma di studio del bambino destinato alle madri, organizzato in piccoli gruppi e basato sulle ricerche scientifiche nel campo dello sviluppo infantile, sostenuto da centri di ricerca facenti capo alle università, da organizzazioni per la formazione e il tirocinio dei ricercatori e da associazioni dei genitori per sovrintendere a livello locale.» Dedicandosi «alla scienza intesa come chiave del progresso sociale, al rinnovamento radicale del sistema educativo come chiave per liberare l’“intelligenza” e ai primi anni dell’infanzia come chiave per formare personalità sane», contribuisce alla concezione di un «movimento popolare che, partendo dal livello più semplice di accudimento del bambino in casa, si sarebbe potuto espandere all’esterno per poi trasformare tutte le istituzioni sociali.» Insomma, se Dewey era l’apostolo della scuola “progressista”, Frank diventa quello della casa “progressista”. (Steven Schlossman, “Philanthrophy and the Gospel of Child Development”, History of Education Quarterly, autunno 1981)

Frank si dimostra un abile organizzatore tanto che negli anni seguenti nascono centri di ricerca sull’infanzia in parecchie università, inoltre lavora alla creazione di un gruppo altamente specializzato di donne newyorkesi, la Federation of Child Study, contribuisce a indirizzare studentesse e diplomate allo studio dello sviluppo del bambino, convince una fondazione a creare una rivista popolare per genitori, il Parents Magazine. Frank sottolinea l’importanza del “clima intellettuale” per introdurre certe novità; negli anni Venti le madri della classe media non affidano più i figli alle bambinaie ma se ne prendono cura direttamente, aiutate anche da quelle «tecnologie salvatempo – cibi preparati e inscatolati, abiti confezionati, lavatrici, ecc.» che inoltre contribuivano a «creare una “opinione pubblica” favorevole», e in questi anni, così come dopo la Seconda guerra mondiale, avvengono profondi cambiamenti nell’assetto delle famiglie a favore dell’attenzione verso i figli, anche grazie a una nuova educazione parentale. In un certo senso una rivalsa personale di Frank, abbandonato dal padre in tenera età, che si batte per «promuovere un tipo di famiglia centrata sul bambino, fornire migliori strumenti per la crescita e allargare le conoscenze pedagogiche delle generazioni presenti e future, contribuire con la scienza e il denaro a quello che era stato tradizionalmente un dominio della donna.» (Heims, p. 71) Non a caso Frank avrà sette figli, e rimasto vedovo due volte, si sposa con una terza moglie con cui negli anni Cinquanta scriverà due libri “fai da te” destinati ai genitori, prima di scrivere uno dei suoi ultimi lavori, The Importance of Infancy pubblicato nel 1966, che intendeva «concentrare l’attenzione sull’infanzia come complessa serie di eventi interrelati, che coinvolgono discipline e professionalità diverse, organizzazioni e singoli individui, con profonde conseguenze per il futuro», convinto che l’applicazione dei principi pedagogici sia fondamentale per il progresso sociale e senza aver alcun timore che il suo approccio rischi di essere interpretato come «un’intrusione del pubblico nel privato e diventare una sottile forma di manipolazione e di controllo.» (Heims, Ibid.) Percorrendo la produzione di Frank risulta evidente non solamente la sua convinzione nell’importanza dell’infanzia ma anche il fatto che tanto le idee scientifiche più nuove quanto la concomitante “opinione pubblica” rappresentino una speranza per il futuro, di cui il bambino è il simbolo. «Nel suo stile eclettico di pensare e di scrivere ricorrono tematiche e atteggiamenti mutuati dai settori più disparati del sapere», e un altro aspetto che lo fa avvicinare al gruppo Macy è il suo interesse per l’omeostasi già quando il concetto compare nel 1929. Scriveva quell’anno a Walter Cannon di aver avuto «l’impressione che il bambino piccolo, in particolare l’infante, possiede una modesta capacità omeostatica e che il percorso della crescita del bambino può essere considerato come il raggiungimento di una condizione più o meno stabile di maturità» in cui i meccanismi omeostatici funzionano regolarmente, e Frank adopera questa constatazione a sostengo e parziale giustificazione scientifica della creazione di un nuovo settore di studi sullo «sviluppo del bambino distinto dai problemi delle singole scienze che concorrono alla sua definizione». Nella sua risposta Cannon conferma il punto di vista di Frank, segnalando come ad esempio «il controllo della temperatura è molto scarso nel bambino piccolo e viene raggiunto solo gradualmente», e anticipando la futura estensione del concetto scorge interessanti analogie tra «l’omeostasi nell’ambiente interno all’individuo e i suoi rapporti con il mondo esterno e le condizioni di una casa, intesa come ambiente interno di una famiglia, e il mondo esterno, sociale, economico, industriale e commerciale, con il quale le persone della casa devono mettersi in relazione, nonostante questo rischi di produrre elementi di disturbo nella loro stabile condizione di gruppo familiare.» (Lettere, 23 e 26 settembre 1929) Questa idea riemergerà in Frank, rinnovata e rielaborata anche grazie alla frequentazione del gruppo Macy, nel 1966 sottoforma di proposta di un modello scientifico di «bambino come “sistema non specializzato”» in quanto «sistema aperto, autorganizzato, autocontrollato, autodiretto, in gran parte autoriparante». (Lawrence Frank, The Importance of Infancy, ultimo capitolo)


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