
La Nave dei Folli #6.18 Matteo
Clyde Kluckhohn, che aveva anch’esso prestato servizio nell’agenzia di intelligence del Dipartimento di Guerra, era una delle figure di spicco della scuola antropologica “cultura e personalità”. Nel libro del 1949 Mirror for Men (Lo specchio dell’uomo 1979, e altre traduzioni), oltre a citare positivamente Mead e Frank, intitola un capitolo “Razza: un mito moderno”, per spiegare come le differenze tra gli uomini in termini di personalità, intelligenza e altre caratteristiche non fisiche, dipendono principalmente dalla cultura e non dalla biologia. E negli Stati Uniti, dove la cultura dipende dall’individuo, dalla sua filosofia personale, sostiene l’urgenza dello sviluppo di un umanesimo scientifico. «Il paradosso dell’unità nella diversità non è mai stato tanto importante come lo è oggi. I fascisti hanno cercato una via di fuga dalla “spaventosa eterogeneità del ventesimo secolo” nel ritorno al primitivismo dove non si è tormentati da alcun conflitto né bisogna fare scelte portatrici di turbamento, perché esiste solamente un’unica regola, ed è indiscutibile. Allo stesso modo i comunisti hanno promesso una fuga dalla libertà attraverso la cessione allo Stato dell’autonomia individuale. La soluzione democratica è quella dell’eterogeneità orchestrata. La si può paragonare a una sinfonia.» (Mirror for Men, p. 270) Una posizione condivisa da Margaret Mead e che si ritrova, con leggere variazioni, anche nei testi di Frank e Northrop. Il loro ideale – più che altro un’illusione – è che gli Stati Uniti, opponendosi a entrambe le visioni totalitarie – fascista prima, ma poi soprattutto sovietica – siano portabandiera di un mondo plurale in cui il rispetto e la tolleranza di ogni cultura non rappresentino una minaccia per la pace globale.
Robert Merton, sebbene era stato allievo di Parsons, non era altrettanto attratto dalla teoria dell’informazione e dalla cibernetica. Aveva considerato tanto la fisiologia di Cannon (1929), quanto la biologia di Bertalanffy (1933) e più tardi divenuta la “teoria generale dei sistemi”, come un tipo di funzionalismo. Nel tentativo di evitare le controversie politiche e tuttavia affrontare le questioni di più ampia portata, sviluppa quelle che definisce teorie “a medio raggio” che, a differenza di quelle più generali e comprensive, descrivono aspetti limitati dei fenomeni sociali. I suoi studi sull’interdipendenza tra scienza e società, iniziati fin dagli anni Trenta, si focalizzano sugli effetti di quest’ultima sulla pratica scientifica, più che l’opposto, partendo dallo studio dell’influenza di interessi militari, economia, tecnologia e religione sulla scienza nell’Inghilterra del Seicento.
Per tornare a Paul Lazarsfeld, che in gioventù apparteneva al circolo marxista viennese ma che a partire dagli anni ’40 si tenne lontano da qualunque approccio che potesse avvicinarlo alle idee socialiste, durante la guerra e nel dopoguerra fa parte di quella cerchia di scienziati sociali che cercano di unire le loro forze per un’intelligente pianificazione dell’imminente e pressoché inevitabile imporsi di un nuovo ordine mondiale, e il suo contributo è capire quale debba essere il ruolo dei mass media: «sarà efficace solamente se la concepiamo onestamente nei termini di un programma di pubbliche relazioni per un’autorità internazionale, e se applichiamo a essa tutte le conoscenze che abbiamo ricavato negli sforzi di divulgazione nell’ambito privato e domestico» (Paul Lazarsfeld e Genevieve Knupfer, “Communications Research and International Cooperation”, in Ralph Linton, The Science of Man in the World Crisis, 1945), aggiungendo che sarà importante che i mass media siano controllati da agenzie in sintonia con l’autorità internazionale affinché non promuovano uno sciovinismo nazionalista.
Il suo interesse si concentra più sul metodo statistico che sui contenuti delle indagini, nel tentativo di capire statisticamente quale sia l’atteggiamento delle persone ad esempio nel caso delle elezioni politiche: di qui l’idea che i movimenti politici umanisti possano avere successo solamente dopo aver compreso quale sia l’atteggiamento delle persone in termini quantitativi. Per ironia della sorte, le analisi di mercato che svolge grazie al finanziamento delle compagnie pubblicitarie forniscono nuovi strumenti tecnici per rendere più efficace la manipolazione psicologica delle persone, così come lo studio sul comportamento di voto procura metodi più efficaci per manipolare i cittadini da parte delle organizzazioni politiche e dei loro candidati, che a medio e lungo termine avranno effetti controversi sulla democrazia. Lazarsfeld e il suo gruppo di ricerca, dunque, si concentra pressoché unicamente sui metodi, motivo per cui saranno considerati vicini ai conservatori sebbene si schierino teoricamente per una società pluralista, progressista e liberale.
Lazarsfeld diventa il principale innovatore nel campo dei sondaggi di ricerca. Considera lo statistico belga Adolphe Quetelot, autore di un lavoro pionieristico che applicava il metodo statistico nel ragionare sulle caratteristiche umane e sociali (Physique Sociale, 1869), come il suo principale precursore nonché inventore della tradizione cui ora lui appartiene. All’origine delle sue ricerche c’è l’intesse di sapere perché si voti in tal modo, perché si compri quel determinato prodotto, perché si segua quel particolare mass media, e cerca di creare un modello matematico che esprima ciò che accade all’interno dell’individuo, adoperando i sondaggi per poter analizzare l’azione del singolo all’interno di un contesto sociale. Lazarsfeld, insomma, si spinge fino a individuare l’origine delle motivazioni degli esseri umani non tanto nei singoli individui quanto nel loro complesso, nell’influenza del gruppo o degli opinion leader, quelli che al giorno d’oggi chiameremmo influencer.
Sommario 6.18
Riferimenti 6.18