
La Nave dei Folli #6.28 Matteo
Episodio 6.28
Lawrence Frank partecipa fin dall’inizio al gruppo cibernetico, sia per la sua duratura collaborazione con Margaret Mead e la corrente denominata “personalità e cultura”, sia per il suo ruolo chiave nel mondo delle fondazioni – non per altro, alla fine degli anni Trenta aveva diretto anche la fondazione Macy. Di solito non prepara un vero e proprio intervento, ma in occasione della conferenza organizzata all’Accademia delle scienze è a lui che tocca il discorso introduttivo, l’oneroso compito di presentare per la prima volta i capisaldi della nascente cibernetica alla comunità scientifica, consapevole che il titolo stesso della conferenza potrebbe suscitare perplessità o risultare difficile da accettare. La teleologia è un concetto che puzza di metafisica, di antiscientificità, perciò Frank tiene subito a precisare che il loro «non è un movimento che mira a una regressione verso una fase antecedente nella storia delle idee, ma un movimento in avanti, verso una concezione più efficace dei problemi che affrontiamo oggi. (…) Siamo impegnati, oggi, in una delle maggiori transizioni o sovvertimenti nella storia delle idee: riconosciamo che molti dei nostri vecchi ideali e assunti sono ormai obsoleti, e aneliamo a elaborare un nuovo quadro di riferimento.» Certo, guardando indietro alla storia delle idee, il progetto scientifico ha dovuto condurre «una lunga e spesso amara lotta per liberarsi dalla tradizione animistica presente nella nostra cultura.» Infatti «i concetti di comportamento finalizzato e teleologia sono stati a lungo associati a una misteriosa capacità, in grado di di auto-perfezionarsi, che persegue un obiettivo o causa finale e che informa e dirige tutti gli avvenimenti, di solito di origine sovra-umana o sovrannaturale. Perciò agli uomini è stata attribuita un’anima che guidava tutte le loro condotte, mentre gli eventi non umani sono stati considerati controllati da spiriti o, più tardi, da forze speciali o demoni di Maxwell.»
Per poter avanzare, il pensiero scientifico ha dovuto scartare queste credenze, queste superstizioni, a favore di una visione della natura più meccanicistica e deterministica; un grande passo in questa direzione fu compiuto da Galileo che sostituì la vis a tergo aristotelica con il concetto di inerzia e che di conseguenza gettò le fondamenta della fisica delle particelle e dell’astronomia. Concezione in seguito confermata dalla dimostrazione che l’universo si basa sull’azione di anonime particelle che si muovono casualmente, in modo disordinato, e grazie alla loro molteplicità danno origine all’ordine e alla regolarità.
Il successo incontrastato di queste idee e metodi in fisica, astronomia e poi in chimica diedero alla biologia e alla psicologia le principali linee guida, cosa che portò all’approccio predominante di considerare l’oggetto studiato come composto di fattori o parti separate e discrete che bisogna cercare di isolare e identificare come cause scatenanti. Separate le parti e ordinati gli eventi in modo arbitrario, nell’opera di laboratorio, si tende a pensare che questi meccanismi concettuali siano i processi di base della natura. Ma i dubbi sorti in biologia e psicologia hanno portato a mettere in dubbio gli assunti iniziali, così come concetti e metodologie. «Così oggi stiamo assistendo alla ricerca di approcci innovativi, di concetti nuovi e più comprensivi e di metodi in grado di occuparsi di vasti insiemi di organismi e personalità. Sono stati adoperati termini come organismo-nel-suo-complesso [organism-as-a-whole], insieme a olismo, synholic ed espressioni simili» che servono a descrivere attività basate su modelli e dotate di strutture e funzioni organizzate degli organismi viventi. Nuovi metodi permettono di ravvisare «rapporti sistematici tra molte variabili o dimensioni all’interno di uno stesso organismo, così come tra l’organismo e l’ambiente». Inoltre si sta dando sempre più importanza al ruolo delle passate esperienze nel modificare funzioni organiche, sentimenti e comportamenti, come nel caso della concezione psicosomatica in medicina, così come ai modelli di percezione e apprendimento che vanno al di là del tentativo e dell’errore, oltre a un rinnovato interesse negli sforzi compiuti da organismi e personalità per il raggiungimento di un obiettivo.
L’approccio teleologico, secondo i cibernetici, nasce per dare una risposta alle vecchie formulazioni meccanicistiche percepite allora come inadeguate, ma non propone alcuna ipotesi psichica o vitalistica, e non presuppone poteri soprannaturali, misteriosi, che guiderebbero comportamenti e azioni. «L’idea di un comportamento finalizzato non fa parte di una regressione a una fase precedente della storia delle idee, ma un avanzamento nella direzione di una comprensione più effettiva dei problemi che ci troviamo oggi di fronte. Ci stiamo muovendo verso la concezione di una “teleologia naturale”, come già suggerì Woodbridge nel 1911. Perciò termini come retroazione, servomeccanismi, sistemi circolari e processi circolari possono essere visti come espressioni diverse ma equivalenti dello stesso concetto di base. L’idea di auto-regolazione, con comportamento orientato a un fine, diventa applicabile in laboratorio, in ambito clinico, specialmente nello studio della personalità, così come sul campo nello studio di ordini sociali e culture.»
Frank è convinto, come i suoi colleghi del circolo Macy, di star costruendo «una nuova cornice di riferimento concettuale per l’indagine scientifica nelle scienze della vita», prendendo parte attiva in una «delle più grandi transizioni o sconvolgimenti nella storia delle idee», tuttavia non può nascondere l’ironia insita nel fatto di essersi affidati, per introdurre in biologia e psicologia i concetti di comportamento finalizzato e di meccanismi teleologici, a modelli provenienti dalle macchine create dall’uomo, a sistemi artificiali quali computer, missili a guida e altre complicate apparecchiature elettroniche. Ma Frank tiene subito a precisare che il tentativo di capire gli organismi viventi attraverso il funzionamento di strumenti creati dall’uomo è ricorrente nella storia delle idee.
Nel rimettere in discussione le vecchie convinzioni, una spinta importante è arrivata dalla fisica dei primi del Novecento. Come sostengono Einstein e Infeld, c’è voluta grande immaginazione scientifica «per capire che non sono le cariche o le particelle, ma il campo presente nello spazio tra cariche e particelle a essere fondamentale per la descrizione degli eventi fisici (…) La teoria della relatività proviene dal problema del campo (…) Le contraddizioni e le incoerenze delle vecchie teorie ci obbligano ad attribuire nuove proprietà al continuum spazio-temporale, alla scena in cui accadono tutti gli eventi nel nostro mondo fisico.» (The Evolution of Physics, 1938, p. 259)
Senza entrare nei particolari, ci si iniziava a rendere conto che al fianco dei fenomeni convergenti che seguivano le regole della fisica classica, bisognava tener conto dei fenomeni divergenti, che adesso potevano essere interpretati con la teoria dei quanti. Il principio di indeterminazione vale anche in biologia, e ciò spinge a dare importanza a ciò che finora si lasciava in secondo piano, ovvero i processi dinamici che conducono a prodotti misurabili. Frank cita Frederick Hopkins (“Some Chemical Aspect of Life”, 1933): «Il dottor Haldane ci ha detto che per i biologi dell’illuminismo, un organismo vivente non rappresenta un problema per l’analisi; è, in quanto organismo, assiomatico. I suoi attributi fondamentali sono assiomatici; l’eredità, ad esempio, per la biologia non è un problema ma un assioma. “Il problema della fisiologia”, cito da un discorso del 1885, “non è di ottenere una spiegazione fisica frammentaria dei processi fisiologici, ma di scoprire tramite osservazione e sperimentazione il grado di collegamento gli uni con gli altri di tutti i dettagli della struttura e dell’attività di ogni organismo in quanto espressione della sua natura in quanto organismo unico (…) Non c’è da dubitare che un giorno si potrebbe trovare un punto d’incontro tra la scienza biologica e fisica. Ma possiamo prevedere con sicurezza che se questo punto d’incontro sarà trovato, e una delle due scienze sarà inghiottita, questa non sarà la biologia.» (Frederick G. Hopkins, “Some Chemical Aspect of Life”, Science, Vol. 78, n. 2020, settembre 1933)
Frank perciò propone quel che aveva già dagli anni Trenta definito relatività biologica, per cui anche in questo campo bisogna mettere in discussione le antiche visioni e riordinare il tutto. Peraltro, l’uso di atomi e isotopi “marcati” starebbe dimostrando che organismi apparentemente solidi, stabili, sono in un flusso continuo: le loro componenti, sebbene modelli e configurazioni organiche restino immutate, sono sostituite a ritmi differenti, come evidenziato da Schoenheimer nel 1941. Nel mezzo di questi cambiamenti e riorientamenti, non si hanno a disposizione né concetti né terminologia chiari, nemmeno parole adeguate, soprattutto verbi, per descrivere molti processi, soprattutto quelli autoregolati, come ad esempio l’omeostasi di Cannon e i rapporti multidimensionali che implica.
Nelle scienze sociali si stanno adoperando ancora concetti e termini vecchi, ottocenteschi, provenienti da una visione newtoniana in cui le forze producono azioni sui sistemi, e proprio come in biologia, una ricerca che si limita a individuare i rapporti di causa-effetto non va oltre gli effetti della fisica classica e impedisce di vedere ciò che avviene «nel “campo” degli eventi intra- o interorganici». Come ricordava una trentina d’anni prima Kemp Smith dell’Università di Edimburgo, e come proveranno a fare i conferenzieri cibernetici dopo di lui, «la storia dell’intelligenza umana è un resoconto non tanto della progressiva scoperta della verità, quanto della nostra graduale emancipazione dall’errore». (Lawrence Frank, “Foreword”, in “Teleological Mechanisms”, Annals of the New York Academy of Science, Volume 50, 1948, pp. 189-196)
Sommario 6.28
Riferimenti 6.28